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Connected Care, il paziente al centro della Sanitá Digitale

I sistemi sanitari europei che hanno mostrato maggiore resilienza nel contrastare la pandemia del COVID-19 sono stati quelli che sono stati capaci di fare leva su servizi e tecnologie di connected health per supportare rapidamente la riorganizzazione delle strutture e dei percorsi di cura dei pazienti. La sanità digitale nel corso del 2020 è diventata un elemento strategico nella risposta alla pandemia da parte dei sistemi sanitari di tutto il mondo. 

Oltre a garantire la continuità dei servizi sanitari in sicurezza e ad arricchire l’esperienza per i pazienti, questa accelerazione degli investimenti ha un impatto fondamentale sui modelli di lavoro del personale medico, che devono diventare sempre più integrati e collaborativi, ma allo stesso tempo flessibili ed efficienti. Coinvolgere il personale medico nella definizione delle strategie, così come nell’implementazione delle tecnologie nei processi clinici, è oggi un imperativo strategico per poter massimizzare i benefici della connected health.

In ragione di ciò, la Connected Care, ossia la presa in carico globale del paziente con l’integrazione e la condivisione del PDTA, sembra essere il modello più adeguato per guidare l’evoluzione digitale in Sanità. In particolare, la Connected Care è un modello che permette al cittadino-paziente di accedere ai servizi sanitari e di condividere i dati con tutti gli attori presenti in Sanità.

È supportata da diverse tecnologie digitali, che permettono:

  • la prevenzione e il monitoraggio dello stile di vita durante la fase di accesso;
  • la cura: il cittadino è paziente e utilizza la tecnologia per prenotare e pagare le prestazioni;
  • il follow up: la tecnologia permette la redazione della cartella clinica, l’accesso a sistemi di intelligenza artificiale e ad altri strumenti di supporto decisionale e di telemedicina per il monitoraggio, anche da remoto.

 

Gli strumenti che già oggi possono essere offerti a supporto dell’esperienza del paziente o del caregiver vanno dalla gestione delle prenotazioni online, alla gestione automatica delle code in ambulatorio, dalla possibilità di effettuare in modalità self-service da parte del paziente l’accettazione ai servizi ospedalieri a quella di permettere al caregiver di compilare i moduli necessari per l’inserimento in RSA del congiunto non autosufficiente. In aggiunta, ci sono poi tutti i sistemi di pagamento on-line e di prelievo dei referti digitali o degli esiti di esami di laboratorio. Inoltre, la Telemedicina, in particolare Teleconsulto, Televisita e Telemonitoraggio, permettebbe di monitorare in tempo reale i principali parametri vitali del paziente cronico o della persona fragile attivando a distanza al supporto di personale medico o assistenziale che, grazie anche all’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale, può essere informato di potenziali evoluzioni dello stato di salute. Questo tipo di supporto non presenta solo vantaggi clinici ma infonde un forte senso di sicurezza nel paziente anziano che, sempre più spesso, vive solo e rimane per lungo tempo senza contatti. 

Da questo punto di vista, avere una visione univoca dei dati del paziente consentirebbe alle organizzazioni sanitarie di rivoluzionare non solo la raccolta della documentazione dei pazienti, ma soprattutto di ottenere una migliore analisi e comprensione dei fenomeni e di ottimizzazione dei processi clinici. Un approccio strategico ai dati permetterebbe infatti di personalizzare le cure e di integrare i servizi durante il percorso di gestione dei pazienti, ma anche di allocare le risorse adeguate per le terapie da effettuare e di delocalizzare l’esperienza di salute dell’individuo. 

Tuttavia, le potenzialità della salute digitale, che includono ma vanno anche oltre la telemedicina, permetterebbero fin da oggi di alimentare in modo dirompente questo cambio di paradigma in grado di porre la persona al centro.

Pensiamo ai wearable e i sensori integrabili negli ambienti in cui operiamo o nei nostri smartphone, tablet e computer; pensiamo alle piattaforme digitali, alimentate dal cloud e edge computing, che permetterebbero la raccolta e l’analisi di dati derivanti da più fonti, integrabili nel Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), come dati standardizzati, consistenti, “machine readable” e per questo utilizzabili da innumerevoli altre applicazioni. Pensiamo a sistemi di analisi dei dati e di intelligenza artificiale che, in modo sempre più efficace ed attendibile, potrebbero permettere di estrapolare informazioni e fornire un supporto decisionale al cittadino/paziente, al caregiver e al personale sanitario. Pensiamo alle terapie digitali, ove necessario, integrate al farmaco per trattare in modo continuo e non invasivo alcune patologie e favorire uno stile di vita più salutare. Immaginiamoci una sanità che metta a sistema i dati, nel rispetto della privacy, per prevenire il rischio di patologie e ove necessario per curarle in modo personalizzato, fornendo servizi personalizzati ovunque si trovi il paziente – sul luogo del lavoro, a casa, a scuola, in viaggio, o altrove. Immaginiamo un Sistema Sanitario che possa utilizzare i dati per guidare politiche di epidemiologia che permettano di gestire al meglio la sanità pubblica, nonché di contenere rischi pandemici.

 

Lo sviluppo di approcci e di sistemi sanitari orientati alla persona è ormai una priorità per tutte le organizzazioni sanitarie. I fondi europei permetteranno finalmente di sostenere l’innovazione in sanità, ma non sarà sufficiente intervenire arricchendo la dotazione di strumenti e apparecchiature tecnologiche. Infatti, sarà fondamentale impostare modelli di assessment (Health Technology Assessment) per valutare l’impatto di queste tecnologie sul paziente, sugli operatori e sul SSN nel suo complesso, così da capire quali sono gli aspetti vantaggiosi e abilitare l’uso di buone pratiche.

 

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